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Intervista a Fabrizio Dentini autore del libro “Canapa Medica – Frammenti di resistenza sanitaria”

 “Le memorie e i racconti di chi ha vissuto una determinata esperienza sono tesori che arricchiscono il nostro bagaglio emotivo e ci aiutano ad un esercizio fondamentale, “mettersi nei panni degli altri”. Abbiamo deciso di intervistare Fabrizio Dentini per l’apporto professionale dedicato alla raccolta di testimonianze private di pazienti che hanno adottato la cannabis come sostegno e come terapia medica.”

Quanti sono i malati nel mondo e in Italia che utilizzano la cannabis come sostituto o come farmaco integrativo per le terapie?

In Italia la vera mole di pazienti in cura con la cannabis è sconosciuta a livello ufficiale. I dati raccolti dal Ministero sono parziali è rappresentano solo la punta dell’iceberg del fenomeno. Perché sono parziali? Perché il sistema di monitoraggio esistente non è uno strumento efficace anche perché non costringe tutti gli interlocutori, medici e ASL a fornire tali dati, e quindi non tutti lo fanno. Possiamo dire che secondo le stime ufficiali i pazienti sono almeno un paio di migliaia, ma per avere un dato più aderente alla realtà bisognerebbe verificare anche quante persone sono state processate per coltivazione di cannabis a scopo terapeutico. Il fenomeno è in crescita esponenziale ed il fatto che lo Stato non ne conosca con certezza le dimensioni spiega perché i pazienti vivano una mancanza quasi strutturale di cannabis. Per dare un’idea di quanto questo medicamento possa essere utile nelle società moderne, a fine settembre in Canada dove la popolazione è la metà della nostra sono 342.000 i pazienti iscritti al sistema di distribuzione e circa 25.000 quelli in possesso dell’autorizzazione a coltivare per curarsi.

Sempre di più si sentono informazioni e notizie riguardanti la Cannabis sativa come terapia o cura per malattie molto gravi, ma pochi sanno che le applicazioni dei principi in essa contenuti sono in realtà ancora più utili per prevenire l’insorgere di problematiche di varia natura e che possono essere utilizzati anche come sostitutivo di molte medicine di base. Come giornalista, tra i pochi se non l’unico che si è addentrato nell’uso medico del principio attivo, hai dei dati interessanti a riguardo?

Se mi stai chiedendo se ho dati relativi all’utilizzo di cannabis come cura preventiva la risposta è negativa. Ti ripeto mancano i dati che dovrebbero aiutarci a comprendere il fenomeno per quanto regolato dalle leggi, figuriamoci se esiste il dato di un fenomeno che le leggi non prevedono. Quello che posso dirti è che l’importanza della cannabis è in crescita, in un periodo particolare per a medicina moderna, e cioè in un momento in cui le patologie di origine iatrogenica (causate dalla medicina stessa) sono riconosciute come terza causa di decessi a livello americano, l’unico paese che al momento ha investigato in tal senso, dopo tumori e malattia cardiovascolari. L’autorevolezza e la curiosità delle applicazioni della cannabis cresce anche perché la somministrazione della medicina moderna, con tutti gli effetti collaterali nefasti che spesso comprende, è sotto i riflettori di una critica che ne riconosce potenzialità indiscusse, ma anche limiti finalmente riconosciuti.

Tra le varie problematiche relative alla legalizzazione del principio attivo psicotropo il THC negli ultimi tre anni abbiamo visto esplodere il mercato del CBD altro cannabinoide importante che sta allargando moltissimo gli utilizzatori e i conoscitori della pianta di Cannabis sativa e dei suoi principi attivi. Rispetto alla paura del thc come molecola “piena” di controindicazioni hai avuto la possibilità di evidenziare delle problematiche dei pazienti che hai avuto modo di conoscere in questi anni?

Non considererei il THC come una molecola “piena” di controindicazioni. Il messaggio mi sembra sbagliato. Il THC è una molecola piena di potenzialità. Poi il fatto che comporti uno slittamento dal punto di vista psicotropo, è innegabile, ma che questa sia una controindicazione, conoscendo i profondi effetti collaterali generati dalla stragrande quantità di medicine prescrivibili, mi sembra una forzatura. I pazienti che ho intervistato rappresentano in un certo senso un’avanguardia nazionale. Sono quasi tutte persone che si sono avvicinati alla cannabis per motivi di salute e ne sono diventati grandi estimatori. A mio parere è fuorviante procrastinare questa dicotomia THC-CBD perché la pianta è terapeutica in quanto tale, con tutte le sue molecole e nella sinergia fra di esse. Questo è il punto. THC, CBD sono solo due dei cannabinoidi che la compongono, sarà la ricerca a spiegarci nei prossimi anni il loro ruolo e con quale meccanismo lavorano insieme agli altri componenti. Senza pregiudiziale di psicotropo o no, questo medicamento necessita ricerca rigorosa per svelarne tutte le sue potenzialità.

Quali sono state le problematiche che hanno dovuto affrontare i pazienti?

Le problematiche vissute non sono rispetto alla cannabis, ma rispetto a come la società gestisce questa pianta. Difficilmente ho trovato pazienti che si lamentavano degli effetti psicotropi, anche se indubbiamente esisteranno, ma ne ho trovati a bizzeffe che si lamentavano della mancanza di medici prescrittori o di mancanza di medicina. Queste sono le problematiche che ho incontrato.

Da cosa pensi che derivino queste informazioni errate?

Il contesto culturale è quello che è e lo stiamo cambiando a forza di informazione. La cannabis ha vissuto una criminalizzazione a livello mondiale durata più di 50 anni, noi ne stiamo raccogliendo i frutti, cercando di rilanciare il dibattito, coscienti che un approccio laico e non ideologico è quanto di più positivo per riposizionare la cannabis in seno alla società italiana, dove tra l’altro è sempre stata.

Tra i vari fenotipi di Cannabis sativa che si utilizzano a scopo medico troviamo il BEDROLITE®, prodotto dalla BEDROCAN®, azienda olandese che produce ed esporta cannabis medica. Questo fenotipo, o impropriamente “varietà” di Cannabis sativa ha la caratteristica di avere un rapporto tra THC e CBD molto alto a favore del CBD, all’incirca 1:9 %. Visti i seri problemi di approvvigionamento che i pazienti ancora oggi devono affrontare hai informazioni riguardo la grande produzione di “cannabis light” ed il suo impiego come succedaneo della medicina vera e propria? Che rischi corre chi utilizza cannabis light come sostitutivo alla cannabis medica?

Il punto dirimente è che la cannabis light prodotta nel nostro paese non ha una destinazione per l’uso umano. Mancando ciò è impossibile classificarla come sostanza medica. Ovviamente sappiamo che non appena venisse coltivata seguendo standard qualitativi adatti al consumo umano, questo comparto potrebbe trasformarsi immediatamente in un settore di produzione di cannabis terapeutica. Nella mia esperienza ho conosciuto pazienti che utilizzano la cannabis light quando quella prescritta dai medici, viene a mancare, situazione ricorrente, e quindi fanno di necessità virtù con la cannabis acquistata negli hemp shop.

Concludiamo con un’informazione utile, chi fosse interessato ad informarsi o ha veramente necessità di utilizzare questo tipo di cura a chi può rivolgersi? Hai degli indirizzi utili che possiamo divulgare ai nostri lettori?

Se fossimo in un paese preparato la risposta naturale sarebbe ai medici. Purtroppo la classe medica è in grave ritardo rispetto alla prescrizione di questo farmaco perché al giorno d’oggi le università italiane non formano i futuri dottori sotto questa prospettiva. Io consiglio di contattare associazioni storiche come ACT, Associazione Cannabis Terapeutica, anche perché sono una delle prime associazioni è sono persone serie, in internet si trova un pò di tutto e il mondo della cannabis terapeutica e molto variegato nel bene e nel male.

*Articolo a cura di Federico Trombetta

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