Gli studi concordano: l’interesse per la cannabis terapeutica in Italia cresce di anno in anno. Eppure la situazione nel nostro Paese non è omogenea, come abbiamo già spiegato su queste colonne, e i pazienti hanno diversità di trattamento non solo sulla base della regione in cui vivono, ma anche in base alla loro patologia. Tuttavia grazie a tante associazioni e organi di informazione, reperire informazioni sull’argomento è sempre più facile. Ed è anche per questo che l’interesse cresce.
Secondo una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, il fabbisogno italiano di cannabis terapeutica per il 2019 è di circa 1,6 tonnellate. Il nostro Ministero della Salute, tra importazione e produzione, ha stimato che, per l’anno corrente, non riuscirà ad arrivare a garantirne una tonnellata. Sappiamo già, quindi, che sicuramente ci saranno molti pazienti “già ufficiali” che rimarranno senza terapia per alcuni mesi.
Stime comunque tendenti al ribasso. Secondo i dati a disposizione, sulla base della popolazione italiana, che è il doppio di quella canadese, si può ipotizzare che i consumatori di cannabis terapeutica siano circa 500.000 (tenendo anche in conto che sono stimati almeno 5 milioni di consumatori di cannabis senza fare distinzione tra terapeutica o ludica).
Facendo sempre delle ipotesi al ribasso, ipotizzando che questi 500.000 pazienti avranno bisogno di circa almeno un grammo al giorno, è chiaro come per garantire una continuità terapeutica ci sia bisogno di almeno 500 kg di cannabis terapeutica al giorno su tutto il territorio nazionale, che equivalgono a 182 tonnellate l’anno. Numeri molto lontani da quelli attuali.
Come potremmo dunque arrivare a questi numeri e tutelare i pazienti?
La mia opinione, ribadita ormai da anni, è trovare la strada per raggiungere una legalizzazione seria e regolarizzata, come proposto, ad esempio dall’Associazione FreeWeed (che ha pubblicato un Manifesto sottoscritto da molte associazioni del settore, presto depositato e discusso dal senatore Matteo Mantero). Eppure l’attuale governo continua a trovare ‘soluzioni’ non risolutive. Ultimo esempio è il recente bando al quale le aziende italiane non sono né incentivate, né messe in condizioni di partecipare. E così si sceglie, consapevolmente e senza alcuna logica, di perpetuare una politica di importazione a caro prezzo di un prodotto che possiamo produrre noi e che anzi, saremmo in grado, di esportare.
Sono sempre più convinto, soprattutto dopo il colloquio che ho avuto recentemente con il Ministero della Salute, che una delle strade possibili resti quella di puntare alle autorizzazioni.
Mi spiego meglio. L’Art 17 del Dpr 309/90, prevede la possibilità di autorizzare soggetti privati, associazioni o aziende alla produzione di Cannabis. Ma, inspiegabilmente, non è mai stata rilasciata alcuna autorizzazione. Persino la scintilla della Puglia nel 2013 (grazie a Lapiantiamo) dove si era arrivati a una legge regionale che prevedesse la produzione di cannabis terapeutica, venne definitivamente spenta col DM 9/11/ 2015 decreto Lorenzin. Fu l’inizio dell’esperimento pilota di produzione nazionale affidata all’istituto chimico farmaceutico di Firenze. Un esperimento di 2 anni che venne rinnovato nonostante dati catastrofici.
Tralasciando la qualità e i metodi di coltivazione usati, nel 2019 si è arrivati infatti a produrre soltanto 100 kg. Ovvero, dopo ben 4 anni, è stato prodotto 1/4 di quanto previsto nel suo primo anno di vita (infatti la prima manovra stanziava 1 milione di euro per una produzione di 400 kg annui.
E’ possibile trovare una soluzione al problema? Alla luce dei dati abbiamo ipotizzato due strade.
La prima studia cosa succederebbe se si seguisse il decreto Lorenzin, cioè autorizzando almeno 10 aziende
10x 1250 m2 cadauna, controllati dall’ICFM. Produzione 350g/m2
250 m2 vegetativa
1000 m2 oritura
Fm1=(1000 m2 x 350g x 4 cicli/anno)= 140 kg /anno
Produzione Totale 5 x 140 = 700 kg anno
Fm2=(1000 m2 x 350g x 5 cicli/anno)= 175 kg /anno
Produzione Totale 5 x 175 = 875 kg anno
Totale 1575 kg/anno
Come si può notare, in questo modo la produzione nazionale aumenterebbe, ma sempre in maniera cauta e controllata.
La seconda ipotesi che abbiamo sviluppato, e per noi una proposta efficace, prevede invece la creazione di un centro italiano per la cannabis medicinale.
In questo caso, solo per il primo anno si darebbe l’autorizzazione immediata a produrre cannabis a 10.000 pazienti, 100 associazioni e 300 aziende. Oltre a coprire il reale fabbisogno italiano, questa manovra porterebbe molti fattori positivi, quali nuovi posti di lavoro, possibilità di sviluppo economico, risparmio per le casse dello Stato.
Una manovra economica di oltre 270 milioni di euro in un solo anno.
Carlo Monaco è il presidente dell’Associazione Canapa Caffè