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Piccola playlist per un mare di plastica

Economica, flessibile, duttile. La plastica è stata delizia del progresso nel novecento per diventare poi dannazione di questo ventunesimo secolo. Noi esseri umani ne abbiamo prodotta e utilizzata tanta per disfarcene poi in modo molto approssimativo: secondo un recente studio del Forum Economico Mondiale, ogni anno finiscono negli oceani otto milioni di tonnellate di plastica.

È un materiale sul quale le industrie hanno investito parecchio e che, tuttavia, in molti impieghi potrebbe essere sostituito. Emblema dell’artificiosità del mondo nel quale viviamo, rappresentante del falso nei valori e nei sentimenti, dalla sua introduzione la plastica ha avuto sempre un’accezione negativa nella cultura: Marcello Marchesi, in una battuta raccolta nel suo “Diario Futile” del 1963, scriveva “questa è l’epoca delle materie di nuovo tipo. L’epoca della plastica. Memoria di plastica, classe di plastica, raccomandato di plastica. Sembra pesante è leggera, sembra cedevole è resistentissima. Insomma è l’epoca di tutto ciò che sembra ma non è”.

Non sono veri alberi e veri uomini quelli di plastica dello straziante lamento di Thom Yorke, non è vero amore quello di plastica cantato da Carmen Consoli a Sanremo nel 1996: la plastica sembra ma non è, non è una vera amica ma un’arma fuori controllo che – alla lunga – ci ucciderà.

La prima isola composta esclusivamente da rifiuti di plastica fu descritta nel 1988 dalla NOAA, agenzia federale degli Stati Uniti d’America che si occupa di oceanografia e climatologia, e battezzata come la Grande Macchia d’Immondizia del Pacifico (Great Pacific Garbage Patch).

Le stime attuali a proposito dell’isola di spazzatura galleggiante nell’Oceano Pacifico parlano di dimensioni comprese tra i 700.000 e i 15.000.000 km2: per dare un’idea al lettore, il territorio italiano è esteso poco più di 300.000 km2. Negli anni gli esperti hanno contato almeno altre cinque grandi chiazze d’immondizia negli oceani, composte da microplastiche e detriti delle più differenti dimensioni.

Nell’aprile dello scorso anno, la Universal, l’etichetta Mercury KX e il compositore Sebastian Plano hanno dato vita al progetto “Keynvor” e prodotto l’EP “Preservation”, quattro tracce nelle quali il suono dell’oceano è stato trasformato in musica. Ogni provento da questo lavoro è stato donato alla fondazione “Surfers Against Sewage”, associazione che si occupa della protezione degli oceani.

Ma è poco, pochissimo: per salvare il mare servirà l’impegno e l’attenzione di tutti. Per l’ONU, negli oceani sono presenti 150 milioni di tonnellate di plastica che, secondo l’Istituto Francese di Ricerca per lo Sviluppo, uccidono ogni anno 1,5 milioni di esemplari animali: sono numeri che impressionano e che non salvano il Mar Mediterraneo, sulle cui spiagge si rilevano 968 rifiuti ogni 100 metri lineari; il Mar Tirreno, poi, può vantare anch’esso una sua piccola isola d’immondizia tra l’Isola d’Elba e la Corsica.

Come italiani e come europei dovremmo impegnarci di più per la salvaguardia del nostro Mar Mediterraneo. Servono campagne di sensibilizzazione, occorre tenere sempre alta l’attenzione su quello che accade nelle nostre acque, inquinate dai nostri rifiuti, dalla nostra plastica, dai corpi di uomini senza nome in fuga dalla povertà, da violenze, da vite senza prospettive, da oppressioni politiche o religiose.

Esseri umani privati della loro dignità, rifiutati e lasciati in balia del mare, dei quali non importa a nessuno, come se fossero di plastica. E noi lì a guardare, a fingere che quei morti reali non possano inquinare le nostre coscienze di plastica, ad attendere che la storia ci consegni il conto per batterci di nuovo il nostro petto di plastica, costernati.

PLAYLIST

  1. Radiohead – Fake Plastic Trees
  2. Carmen Consoli – Amore di Plastica
  3. Keynvor – Preservation
  4. Sud Sound System – Lampedusa
  5. Piccola Orchestra Karasciò – Mediterraneo
  6. Brunori Sas – L’uomo nero
  7. Zen Circus – L’amore è una dittatura
  8. Motta – Dov’è l’Italia

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