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Stefano Rosso e Marco Pannella: canzoni e disobbedienza civile nell’Italia degli anni Settanta

Il 2 luglio del 1975 Marco Pannella convocò giornalisti e forze dell’ordine nella storica sede romana del Partito radicale in via di Torre Argentina...
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Stefano Rosso e Marco Pannella: canzoni e disobbedienza civile nell’Italia degli anni Settanta

Il 2 luglio del 1975 Marco Pannella convocò giornalisti e forze dell’ordine nella storica sede romana del Partito radicale in via di Torre Argentina per una conferenza stampa. Durante l’incontro si soffermò a lungo sulla legge sulle droghe («criminogena e criminale») in vigore a quel tempo – che puniva con il carcere anche l’uso personale di sostanze stupefacenti – e contestò la definizione di «droga» per i derivati della canapa: «secondo Pannella» racconterà il «Corriere della Sera» «va immediatamente riconosciuto che i derivati della canapa indiana […] non sono droghe, come indicano anche le tabelle dell’organizzazione mondiale della sanità, in quanto non danno assuefazione come accade invece per l’alcool. “È inammissibile” ha detto “che oltre il 10 per cento del bilancio pubblicitario italiano del ’74 sia stato assorbito dai derivati dell’alcool, mentre i magistrati, magari con una bottiglia di cognac nel cassetto, condannano ad anni di reclusione per una sigaretta di marijuana”».

Pannella compì un atto di disobbedienza civile per portare la questione al centro del dibattito pubblico e, al termine della conferenza stampa, fumò uno spinello di fronte ai poliziotti. Lo ammanettò un giovane commissario di origini calabresi, Ennio Di Francesco, che nella stessa giornata gli inviò un telegramma in carcere: «Se come funzionario ho dovuto applicare una legge anacronistica e iniqua, come cittadino mirante a una società più giusta e umana, non posso non esprimerle stima e ammirazione». Di Francesco racconterà in seguito di aver pagato la solidarietà a Pannella con un trasferimento all’ufficio passaporti – la vicenda è ricostruita nel libro Radicalmente sbirro (edizioni Noubs), scritto nel 2012 dall’ex poliziotto con Valter Vecellio e introdotto da don Gallo e dallo stesso Pannella.

Il Partito radicale otterrà, con il referendum promosso nel 1993, l’abrogazione delle pene per la detenzione di droghe per uso personale. La piena liberalizzazione delle droghe leggere, invece, pare una conquista ancora lontana, nonostante nei decenni abbia guadagnato ampi consensi e trovato una nuova area politica di riferimento nella sinistra postcomunista.

Marco Pannella ha sempre offerto il suo corpo e la sua libertà per le sue idee. Il suo coraggio e la sua abilità oratoria avevano fatto innamorare anche Francesco De Gregori che, proprio nel 1975, aveva inserito nell’album Rimmel “Il signor Hood”, una canzone nella quale il leader radicale viene descritto come un bandito nonviolento: «Il signor Hood era un galantuomo / sempre ispirato dal sole / con due pistole caricate a salve / e un canestro di parole». Spiegò il cantautore venticinque anni dopo: «Questo personaggio così alla Robin Hood in quel tempo del referendum sul divorzio mi sembrava incarnare bene la figura di Pannella, una sorta di eroe solitario».

Furono probabilmente le discussioni seguite alla fumata di Pannella a ispirare Stefano Rosso, che l’anno successivo canterà di una serata tra amici durante la quale «si discuteva dei problemi dello stato / si andò a finire sull’hascisc legalizzato / che casa mia pareva quasi il parlamento / erano in quindici ma mi parevan cento»: il brano, intitolato “Una storia disonesta”, diede il titolo anche al primo album di Stefano Rosso e regalò allo spinello la sua prima volta da protagonista nella storia della canzone italiana.

Il cantautore romano – scomparso nel 2008 e presto dimenticato, celebrato quest’anno tra i maledetti e dimenticati della canzone italiana nel volume “La morte mi fa ridere, la vita no” di Elisa Giobbi (Arcana Edizioni) – aveva già fatto riferimento alle droghe leggere nei versi del singolo precedente, “Letto 26”, dove gli veniva consigliato di preferire l’alcol al fumo («la marijuana ti fa male / il Chianti ammazza l’anemia»).

Fu tuttavia “Una storia disonesta” a regalargli la notorietà nel 1976. Quel pezzo ironico e spensierato nel quale il padrone di casa buttava fuori dalla sua abitazione gli ospiti favorevoli alla legalizzazione delle droghe leggere (per poi fumare uno spinello da solo, con il giradischi acceso e a riparo da occhi indiscreti) spopolò nelle radio libere e conquistò il telegatto di «Sorrisi e Canzoni», e ancora oggi il refrain «Che bello / due amici una chitarra e uno spinello / e una ragazza giusta che ci sta / e tutto il resto che importanza ha?» se ne sta immortale nelle orecchie di tutti gli italiani – anche in quelle dei proibizionisti.

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