La cannabis al centro di un’azione repressiva. Alcune riflessioni sulla riforma della politiche sulle droghe

Il 26 giugno scorso, come ogni anno, in contemporanea con la “Giornata mondiale contro l’abuso di droghe e il narcotraffico” si è tenuta la mobilitazione internazionale Support! Don’t Punish! lanciata per mettere al centro dell’attenzione i diritti delle persone che usano sostanze illegali.

La war on drugs è in primo luogo una guerra alle persone: i consumatori in tutto il mondo vengono imprigionati, perseguitati, a volte uccisi come succede oggi nelle Filippine di Duterte. Una guerra insensata, che il nostro paese 30 anni fa ha deciso di intraprendere con la legge Jervolino Vassalli.

All’interno della mobilitazione il 26 giugno è stato presentato il Libro Bianco sulle droghe, un rapporto indipendente sugli effetti della legge antidroga realizzato dalla Società Civile italiana che si occupa di politiche sulle droghe. In assenza di una Conferenza nazionale sulle droghe, che illegalmente non viene convocata da 11 anni, e della relazione governativa sulle tossicodipendenze, di cui anche quest’anno non abbiamo notizie, il Libro Bianco è oggi il riferimento per dati e analisi sull’attuazione della legislazione sulle droghe in Italia.

Dopo 30 anni di applicazione, i devastanti effetti penali del Testo Unico sulle droghe (l’art. 73 in particolare) non possono essere più considerati solo “effetti collaterali”. Il DPR 309/90 continua a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema giudiziario e nelle carceri. Nelle prigioni italiane il 35% dei detenuti è dentro per la legge sulle droghe (la media europea è il 18%, quella mondiale il 20%). Basterebbe questo per dire, a Salvini e Lamorgese, che non è vero che gli spacciatori non entrano in carcere. Sono infatti proprio i pesci piccoli a rimanere impigliati nel sistema repressivo, e troppo spesso si tratta di consumatori.

Basti pensare che in assenza di detenuti per art. 73. o di quelli dichiarati “tossicodipendenti”, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento. I procedimenti penali pendenti per droghe sono oltre 210.000. Analizzandone l’esito quasi 1 su 2 termina con una condanna, questo rapporto diventa 1 su 10 per i reati contro la persona o il patrimonio. Un sistema repressivo impegnato quindi in modo “efficiente” per colpire un reato senza vittime, mentre le vittime di altri ben più grave attendono invano giustizia.

Un sistema che punta a colpire la cannabis: sia per numero di operazioni delle Forze dell’ordine, che per sequestri e persone segnalate all’attività giudiziaria la cannabis è al centro dell’azione repressiva. Nel periodo in cui era vigente la Fini-Giovanardi, che equiparava tutte le sostanze ai fini delle sanzioni, si è divaricata la forbice fra operazioni sulla cannabis (in continuo aumento) e operazioni contro cocaina e eroina in calo per tutto il periodo. Per quest’ultima il calo del numero delle operazioni continua anche negli ultimi anni, nonostante il tanto ripetuto “ritorno” dell’eroina. Ma non sono solo le conseguenze penali a preoccupare. Continuano ad aumentare le persone segnalate al Prefetto per uso di sostanze illecite: 41.744 nel 2019, più di 4000 minorenni, il 78% per cannabis. Un terzo subisce sanzioni amministrative, come il ritiro della patente o del passaporto. Conseguenze pesantissime che a molti possono costare il posto di lavoro e che dal 1990 hanno coinvolto 1.312.180 persone. 

Risulta irrilevante la funzione “terapeutica”: solo 202 persone sono state sollecitate a presentare un programma di trattamento socio-sanitario (nel 2007 erano 3.008). Per quanto riguarda la guida in stato alterato si confermano i dati rispetto alla positività ai controlli (intorno o inferiore all’1%) e alle risultanze in caso di incidente: in questo caso la percentuale sale al 3,20% nel corso dei primi 10 mesi del 2019. Questo conferma che non si debba mai guidare dopo aver assunto sostanze, ma anche che il fenomeno è circoscritto.

Oltre ad un focus sul carcere al tempo del coronavirus si presentano in anteprima i risultati di 3 ricerche sui consumi di droghe durante il lockdown. Questi hanno messo in luce “una significativa capacità di controllo dei consumatori, che hanno adottato strategie di adeguamento all’emergenza e alle mutate condizioni di vita e di consumo, nonché di minimizzazione dei rischi”.

Altresì il mercato illegale è rimasto vivace e mai si è interrotto dimostrando flessibilità e resilienza. Nel volume si trovano infine spunti e riflessioni sulla riforma delle politiche sulle droghe in ambito nazionale ed internazionale, e approfondimenti sui reati minori sulle droghe e sulla riforma dei servizi in un’ottica di decriminalizzazione dell’uso delle sostanze.

Il libro bianco è reperibile on line su www.fuoriluogo.it/librobianco

Articolo tratto dall’edizione cartacea di luglio di BeLeaf Magazine