spot_img

Ultimi articoli

― Advertisement ―

spot_img

L’estate di Bob Marley

La notte del 27 giugno del 1980 resterà nell’immaginario collettivo come la Notte del Leone: Bob Marley calca il palco di uno stadio San...
HomeAmbienteLa Via Flavia, da Muggia ad Aquileia tra mare limpido e storia

La Via Flavia, da Muggia ad Aquileia tra mare limpido e storia

I romani, nel corso dei secoli, costruirono moltissime strade per rendere gli spostamenti verso i quattro angoli dell’impero agevoli. Di alcune di queste rimangono tracce visibili, come per la Via Appia, altre sono cadute nell’oblio, sommerse dal cemento e dall’urbanizzazione selvaggia.

La Via Flavia fu costruita dall’imperatore Vespasiano nel 78 d.C. per collegare Tregeste (l’odierna Trieste) con l’Istria, la Dalmazia e la Grecia. Qualche anno fa un gruppo di volontari capitanati da Renato Cavaliere, ha voluto riportare in auge la parte italiana di quella vecchia strada, ritracciandone il percorso degli e regalando a tutti noi un Cammino bellissimo, breve ma intenso.

Il punto di partenza è il porto di Lazzaretto, proprio al confine con la Slovenia, dove un cippo ricorda che da qui prende il via anche il Sentiero Italia. Affrontare la prima salita che porta al santuario di Muggia Vecchia fa già capire cosa aspetta il viandante: dal giardino che circonda la splendida accoglienza di Don Andrea, si gode una vista invidiabile sul mare del golfo di Trieste. Sarà proprio l’acqua limpida della costa della Venezia Giulia a tenere compagnia ai pellegrini nei cinque giorni che seguiranno e che li porteranno fino ad Aquileia, il sito archeologico più importante dell’Italia del nord.

La prima tappa, almeno per come l’ho vissuta io, danza sul confine con la Slovenia, toccando piccoli borghi come Caresana, salendo e scendendo lungo le colline attraverso boschi incontaminati e permettendo di visitare luoghi incantevoli come i Laghetti delle Noghere, un biotopo naturale protetto dove vivono numerosi animali fra cui una ricca comunità di tartarughe acquatiche.

Lasciato alle spalle il paese di Bagnoli della Rosandra, potrà capitarvi di imbattervi in alcune frasche legate ai cartelli stradali; sono gli inequivocabili segnali che lì nelle vicinanze c’è un’Osmiza. Quella delle cantine aperte è una tradizione antichissima, risalente ai tempi di Carlo Magno che con un’ordinanza concesse a tutti i viticoltori dell’altipiano carsico di poter vendere liberamente i loro prodotti direttamente in azienda, accompagnando il vino con formaggi, salumi e l’inevitabile uovo sodo. Fermarsi a bere e vivere quest’esperienza unica è stato quasi un obbligo; affrontare la salita per tornare in quota e prendere la ciclabile che porta direttamente a Trieste è stata invece una fatica immane, non per il modesto dislivello ma per l’ebrezza dovuta al vino. 

Si entra in città dall’alto, passando accanto al Castello di San Giusto, e si scende ripidi verso Piazza Unità d’Italia; affacciata sul mare, è il cuore pulsante di Trieste, il simbolo stesso di questa meravigliosa città.

La seconda tappa segue il mare passando per Barcola e il monumento alla Mula: è così che sono definite le ragazze triestine, per il loro carattere deciso e per la loro bellezza, frutto degli incroci di razze dovuti alle diverse dominazioni. Il vero gioiello del giorno è però il Castello di Miramare, candido, turrito e appoggiato su uno sperone di roccia di fronte al mare. Il parco che lo circonda è pieno di fascino e bisogna attraversarlo per guadagnare la piccola stazione e il panoramico sentiero che, fra pini contorti e ripide falesie, scorre placido a mezza costa, regalando affacci impareggiabili sul mare. Dopo un breve tratto su asfalto, si torna a camminare fra la vegetazione e le rocce, prima sul sentiero dei pescatori, poi sulla Via della Salvia che sovrasta la bella spiaggia di Sistiana e infine verso il Castello di Duino attraverso il sentiero Rilke; il poeta qui scrisse alcune delle sue liriche più intense, le Elegie Duinesi. Il Villaggio dei pescatori è stato il mio punto tappa; d’estate deve essere molto animato ma a fine settembre è quasi spettrale; dormire qui ha però un vantaggio, la cena alla Cooperativa dei pescatori: pesce freschissimo, prezzi più che accettabili e l’atmosfera delle osterie di una volta.

Ci sono due cose molto interessanti che caratterizzano la terza tappa della Via Flavia: la prima è sicuramente la Rocca di Monfalcone, simbolo e orgoglio di questa piccola cittadina. Si tratta di un bastione bianco e rotondo che domina la costa e da cui si gode uno splendido panorama. C’è anche una canzone che celebra il fortino e le Mule di Monfalcone, amiche preziose che mi hanno accompagnato per tutto il giorno, me l’hanno cantata a squarciagola come delle vere tifose. La seconda attrazione, se così si può dire, è la trincea didattica; siamo sul Carso e qui si è combattuto a lungo durante la prima guerra mondiale e la zona è costellata da trincee e grotte, dove vivevano e, ahimè, morivano i soldati. Questa in particolare è stata recentemente restaurata e ora ci portano le scuole affinché possano comprendere a pieno l’orrore della guerra.

Lungo il percorso che esce da Monfalcone, c’è un B&B che accoglie con piacere i pellegrini, forse perché la proprietaria è a sua volta una viandante. Il ristorante annesso è notevole e la cena può essere una vera e propria esperienza, esattamente come il tramonto visto dal porticciolo.

Da qui in poi la Via Flavia si muove pianeggiante e serena; la quarta tappa corre via costeggiando in continuazione il mare, la spiaggia di Marina Julia con i suoi ombrelloni ormai chiusi e le postazioni dei baywatchers che si stagliano come vuoti monoliti sulla sabbia. Sulla destra si stendono i campi coltivati. È un ambiente spartano e rurale, dove l’antropizzazione è quasi pari a zero e il silenzio avvolge tutto come un accogliente lenzuolo. Va avanti così fino a quando si gira bruscamente e si comincia a seguire il Canale Quarantia. Sul lato opposto appare, rigogliosa, l’Isola della Cona, che accoglie la Riserva Naturale della foce dell’Isonzo, vero paradiso del bird watching. È tutto un librarsi di ali; qui vivono indisturbate e felici numerose specie di uccelli: cigni, aironi e garzette, oche e germani, falchi e poiane, pivieri e beccacce, ma anche picchi e usignoli, per non parlare del fantomatico strillozzo.

Prima di arrivare a Fossalon, che non è un paese, ma un reticolo di stradine perpendicolari e case sparse, c’è anche il tempo per fermarsi in un’azienda agricola e comprare del miele e un po’ di frutta. La campagna offre prodotti buonissimi e non approfittarne sarebbe un peccato. 

L’avventura volge al termine, non rimane che camminare fino a Grado, prima seguendo mare e canali, poi una lunga pista ciclabile a lato strada. Il rumore delle macchine è particolarmente fastidioso dopo giorni di silenzio ma non c’è alternativa. Conviene svegliarsi presto: dalla bella cittadina circondata dall’acqua, partono i traghetti che portano all’isola santuario di Barbana, un’oasi di pace e spiritualità che merita assolutamente una visita. Se avete fretta, non vi resta che attraversare il lungo ponte che vi riporterà sulla terra ferma. Da qui una ciclabile interna vi condurrà dritti alla Basilica di Aquileia e ai suoi meravigliosi mosaici. 

Il cammino è finito, ma se non ne avete avuto abbastanza, sappiate che da qui partono la Via Postumia (direzione Genova) e il Cammino Celeste, ma queste sono altre storie.


www.unpassolento.blogspot.com/

spot_img
spot_img
spot_img
spot_img
spot_img