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La Via del Volto Santo, a piedi fra Lunigiana e Garfagnana

Se mai vi capiterà di entrare nella Cattedrale di san Martino a Lucca, noterete, nella navata sinistra, un piccolo tempietto; al suo interno è gelosamente conservato un crocefisso ligneo dall’affascinante nome di Volto Santo. La sua storia è leggendaria perché pare si tratti di un’immagine acheropita, cioè non costruita dalla mano dell’uomo; raccontarla sarebbe lungo, ma vi basti sapere che questa rappresentazione del Cristo è meta di devozione e pellegrinaggio sin dal medioevo.

Il Cammino che prende il nome da questa meravigliosa opera lignea, conduce il pellegrino da Pontremoli, storico punto d’incrocio di vie devozionali, a Lucca, passando per la Lunigiana prima e per la Garfagnana poi, in un crescendo di emozioni dovute alle bellezze paesaggistiche e storiche che s’incontrano nei quasi 200 chilometri di percorso.

Il primo tratto del Cammino, lasciandosi Pontremoli alle spalle, prosegue appaiato alla Via Francigena e lo fa fino al minuscolo borgo di Virgoletta, che viene dopo quello di Filetto, come in un buffo gioco di parole. Qui le due vie si separano con un brivido di commozione, almeno per chi la Francigena l’ha camminata, perché quando hai cavalcato il fulmine, la corrente ti resta nel corpo in forma di memoria.

I 28 chilometri che portano a Licciana Nardi sono leggeri, i dislivelli modesti e si cammina spesso circondati da una vegetazione lussureggiante, sottoboschi pieni di profumi e piante bellissime, fra cui la meravigliosa Orchis Purpurea, un’orchidea spontanea ammantata di screziature viola; dall’alto, le cime delle Alpi Apuane osservano chi cammina con occhi severi, quelli di montagne ardite seviziate dalla mano dell’uomo golosa di marmo.

Il secondo giorno, la storia fa il suo ingresso trionfale nel percorso con la maestosità del Castello di Pontebosio, una residenza nobiliare del XVI secolo. È la prima cosa che s’incontra e anche l’ultimo sprazzo di civiltà per un po’.

C’è da dire che se volete percorrere questa storica via dovete essere preparati all’incontro con la pioggia e il suo temutissimo alleato, il fango. Queste sono zone piovose, anche d’estate e il terreno, spesso argilloso, ci mette poco a diventare infido, ma un vero pellegrino non si arrende di certo di fronte a simili ostacoli.

Prima di arrivare a Fivizzano, città dei Malaspina arroccata su un colle e ricca di storia, si attraversano deliziosi borghi come Moncigoli, pieno di silenzio e di vecchie casette in pietra, e Posara, con la sua piccola chiesa dedicata alla Madonna.

L’ostello occupa tutto un palazzo storico e, complice il poco turismo, è usato anche come accoglienza per rifugiati di ogni provenienza, un vero melting pot in piena Lunigiana.

La partenza da Fivizzano è in salita, una di quelle che non fa sconti; è impervia, incolta e ti spezza le gambe al solo vederla. Non si fermerà se non a fine tappa, sulla cima del Monte Argegna, un luogo isolato al confine fra Lunigiana e Garfagnana. Qui, oltre al Santuario di Nostra Signora della Guardia, ci sono un ristorante e un ostello. La pioggia può renderlo un posto spettrale, da lupi, ma si può contare su una ricca cena di specialità locali, corroborante visto le energie bruciate durante il giorno.

La tappa successiva è una lunga discesa fino a Castelnuovo Garfagnana, e se ha piovuto tutta la notte, tenersi in piedi non è così semplice: si va per prati e per boschi, su erba viscida, fanghiglia avvolgente e infidi sassi umidi, ma lo spettacolo del paesaggio è notevole. Si giunge nei pressi di un vecchio mulino e ad attendere il viandante c’è il primo di una lunga serie di ponticelli medievali con il pavimento lastricato, detti a schiena d’asino. Scavalcano torrenti spesso impetuosi e il terzo spiana l’ingresso al paese di Piazza al Serchio, ottimo punto sosta prima di affrontare l’unica salita del giorno, quella che porta alla Fortezza delle Verrucole, un bastione rinascimentale che fu presidio militare dei duchi d’Este: merita una visita. Da lì si continua a scendere verso fine tappa ma per arrivarci bisogna attraversare prima il quarto ponte, quello della Madonna, che riflette la sua gobba nelle acque tranquille di un piccolo lago, un luogo veramente magico.

La prima salita del quarto giorno affronta 200 metri con pendenze da Mortirolo, prima su asfalto poi su sterrata umida, e infine su duro sentiero fino a sbucare nuovamente su strada. Qui c’è una piccola chiesa diroccata dedicata alla Maddalena; è stata un monastero di suore, poi una Romita ma ormai il suo tetto è crollato e al suo interno regna la vegetazione. È un luogo affascinante anche se cupo ma la vera perla del giorno è l’arrivo a Barga, gioiello della Garfagnana. 

La vista dalla terrazza del Duomo, raggiungibile salendo per gli stretti vicoli, è imperdibile, con le Apuane lì davanti, così vicine che potresti toccarle. Qui, due volte l’anno ha luogo il doppio tramonto: il sole scende dietro il Monte Forato e, dopo essere scomparso oltre la cima, riappare nel grosso buco prima di andare a morire.

Lucca è ormai a due tappe di distanza. Si scende verso il corso del Serchio e il ponte medievale di Loppia che, con il suo selciato viscidissimo, aspetta il pellegrino a fondovalle; attraversarlo non è per niente facile: è come camminare sul ghiaccio, si rischia di cadere di faccia per poi scivolare nuovamente indietro e ripartire dal via.

Il Cammino prosegue e si attraversano alcuni bei borghi fra cui quello di Ghivizzano, piccolo e affascinante, avvolto in un profumo di polenta e baccalà e pieno zeppo di gatti. Non manca molto a fine tappa, bisogna affrontare la salita per Rocca e poi scendere nuovamente a valle per evitare la provinciale. Il Ponte della Maddalena, o del Diavolo se preferite, è lì che aspetta di essere cavalcato; è famosissimo e ha alle spalle la solita leggenda che vede il demonio costruttore gabbato dagli abitanti, come da tradizione. Borgo a Mozzano è quasi tutta qui, appoggiata al suo ponte, dove i pellegrini passavano per andare a Lucca e ricongiungersi alla Via Francigena.

L’ultimo giorno si cammina lungo la Linea Gotica, cavalcando la triste storia di un periodo buio; si costeggia ancora il Serchio, direttrice unica fino a Lucca. Si abbandona solo per affrontare l’ultima salita del Cammino che porta, fra bellissime olivete, al piccolissimo borgo di S. Donato dove c’è una minuscola pieve romanica miracolosamente aperta. Una breve visita e si ridiscende fino a immettersi nella ciclabile che conduce il viandante fino all’ingresso di Lucca. Si attraversa Porta S. Maria e si punta dritti verso la Cattedrale. Prima di entrare per terminare realmente il Cammino davanti al Volto Santo, rimane il tempo per accarezzare con dolcezza il labirinto scolpito in una delle pareti esterne della chiesa. La sua forma circolare, così cara ai templari, è il simbolo stesso del pellegrinaggio, della ricerca di Dio o della purezza d’animo. All’interno, il Cristo ligneo osserva i pellegrini con occhi compassionevoli e in quell’intenso sguardo reciproco c’è tutto il significato di questo Cammino e la gioia di averlo percorso.

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