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L’immigrazione è sempre più “climatica”: bisogna cambiare modello di sviluppo

Nel 2021 i primi Paesi di origine dei migranti giunti in Italia sono tra quelli maggiormente colpiti da siccità e alluvioni, un dato in linea con la tendenza mondiale in cui l’immigrazione è sempre più “climatica”. È una delle conclusioni del Dossier Statistico Immigrazione 2022 che sarà presentato ai media giovedì, a cura di Idos, in collaborazione con il Centro Studi Confronti e l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”.

Le anticipazioni dell’accurato studio che da anni monitora e analizza tutte le sfaccettature del fenomeno migratorio in Italia evidenziano come su scala globale è in continua crescita il numero di migranti ambientali, conseguenza diretta della crisi climatica e di fenomeni meteorologici sempre più estremi e frequenti, aggravati dalla guerra in Ucraina e dalla sue conseguenze sulla sicurezza alimentare ed energetica.

Secondo i dati incrociati contenuti nel Dossier in uscita, in un pianeta in grande sofferenza, una persona su 78 è costretta a lasciare la propria abitazione: alla fine del 2021, il mondo contava 89,3 milioni di migranti forzati, in aumento dell’8% rispetto all’anno precedente, arrivati a superare la soglia dei 100 milioni dopo l’invasione russa dell’Ucraina dello scorso 24 febbraio. A questi si aggiungono i migranti forzati per cause climatiche, il cui numero resta per lo più non dichiarato, visto che in Italia e in Europa ai migranti climatici in quanto tali non viene riconosciuto lo status di rifugiato.

Secondo l’Internal Displacement Monitoring Centre (Idmc), negli ultimi 15 anni i disastri naturali sono stati la causa principale della maggior parte degli sfollamenti interni. Solo nel 2021 sono stati registrati 23,7 milioni di nuovi sfollati per cause ambientali, contro i 14,3 milioni prodotti dai conflitti e tra i Paesi più colpiti ci sono Cina, Filippine e India. Secondo la Banca mondiale, entro il 2050 i migranti ambientali potrebbero arrivare a 220 milioni di persone. “Ingiustizia climatica e ingiustizia sociale si saldano e la migrazione diventa l’unica strategia di adattamento per chi non ha altra alternativa che fuggire dalla povertà in tutte le sue forme” ha commentato il presidente di IDOS, Luca Di Sciullo.

A questo punto “non basta evitare i conflitti per risolvere la questione delle migrazioni forzate – ha evidenziato Di Sciullo – è anche necessario imparare a convivere in maniera più sostenibile con il nostro pianeta, rovesciando l’attuale modello di sviluppo e ragionando concretamente sul diritto a migrare”.

Di fatto gli sfollati del clima sono invisibili per la legge, ma sono già presenti anche nei Paesi ad alto reddito, come quelli europei, anche se l’impatto del cambiamento climatico colpisce essenzialmente i Paesi poveri e i poveri che vivono nei Paesi ricchi per fattori geografici, socio-economici ed ambientali.

Per quanto riguarda i flussi migratori verso l’Italia, nel 2021 tra i primi Paesi di origine ci sono quelli maggiormente messi sotto pressione dal cambiamento climatico, ovvero Tunisia, Egitto, Bangladesh, Afghanistan, Siria, Costa d’Avorio, Eritrea, Guinea, Pakistan e Iran. Gli studiosi fanno notare che queste nazioni si trovano in aree del mondo allo stremo per la siccità intervallata da alluvioni, per l’innalzamento delle temperature medie e per le conseguenti carestie che stanno affamando decine di milioni di persone, oltre ad essere dipendenti dal grano russo e ucraino.

Alla luce di tutto questo colpisce – e non poco – che gli esponenti politici più timidi nel considerare la lotta ai cambiamenti climatici come una priorità, siano gli stessi che più si spendono nel contrasto ai flussi migratori.


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