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Il Crack gira più di prima: serve la riduzione del danno

Il Crack gira più di prima: serve la riduzione del danno. Questa è la certezza con cui ci scontriamo, in particolare dopo aver letto le ultime notizie di cronaca che ci aprono delle problematiche che uno Stato deve porsi il compito di gestire. E allora leggiamo con attenzione le parole di Gennaro Pastore (direttore dipartimento dipendenze dell’Asl Napoli 1 Centro) che a Repubblica riporta le percezioni delle unità di strada che vivono il territorio.

Emerge un quadro preoccupante in quanto si evince un aumento di utilizzo di Crack, anche rispetto alla cocaina, che parrebbe aver subito delle diminuzioni drastiche di qualità della sostanza tanto da obbligare i consumatori a cercarne un’altra, simile per la verità, ma più pericolosa. Come ricorda Denis Richard, farmacologo e docente universitario nel suo libro ‘Le droghe’, il crack è di fatto la stessa cocaina che si porta a procedimento di vaporizzazione, con effetti più potenti. Il costo di questa sostanza è minore (si possono utilizzare solventi a basso costo), mentre per la cocaina il solvente ideale è l’etere etilico, più costoso evidentemente e poco profittevole per le attività di profitto criminale.

Il crack è un prodotto qualitativamente mediocre, che a differenza della cocaina arriva al sangue attraverso gli alveoli polmonari, con un’azione praticamente immediata dopo l’assunzione: insomma, una sostanza per cui è necessaria la riduzione del danno, visto anche il grado di tossicità. Ma il nostro mondo, prevalentemente consumistico e veloce, non permette di valutare in modo attento quello che succede nelle città: l’articolo sopra citato afferma che sono gli stessi tossicodipendenti che raccontano agli operatori dell’Asl di Napoli che il crack è sempre più diffuso, a causa anche della bassa qualità della cocaina sul mercato oggi. Il crack sta diventando la nuova eroina del 21esimo secolo?

Il rischio di una diffusione capillare dell’uso di crack è evidente anche rispetto al recupero delle persone, perchè la realtà napoletana ci riporta un uso di questa sostanza circoscritto all’interno della marginalità sociale (migranti di origine africana o già tossicodipendenti), per cui è complesso uscire dal sistema che ingloba questi comportamenti, soprattutto se non c’è un supporto attivo delle istituzioni. Ripeto poi quello che ho detto precedentemente: il crack si può acquistare a costi più bassi rispetto la cocaina, e l’effetto è più potente ed invasivo; queste considerazioni dovrebbero bastare per far capire che servono strutture capillari e adeguatamente finanziate per la riduzione del danno e del rischio, non solamente a Napoli.

Il mercato delle sostanze è ormai globale, per questo è interessante vedere quello che dice l’EMCDDA nella sua Relazione europea sulla droga 2022, dove si evidenzia un aumento di produzione, traffico e disponibilità delle sostanze. In particolare c’è stato il sequestro record di 213 tonnellate di cocaina (anno 2020) in aumento rispetto al 2019, ed un aumento dei consumi di alcune droghe come: cocaina, crack amfetamina e metanfetamina in alcune grandi città sia nel 2019 che nel 2020, secondo l’analisi delle acque reflue. Il ruolo del crack sta forse sostituendo quello dell’eroina, vista la facile reperibilità della sostanza base, ma la cosa in comune che c’è tra queste due sostanze è relativa al fatto che vengono consumate da utenti molto vulnerabili e fragili. Proprio per questo gli investimenti territoriali in RDD, in particolare a livello comunale dove si ha una conoscenza più specifica dei luoghi e degli ambienti, è un obiettivo che qualsiasi giunta progressista dovrebbe porsi. Ogni risparmio in repressione è un investimento in welfare sociale.

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