Il mondo antiproibizionista, così come il mondo di oggi, a volte vive dell’entusiasmo della notizia: meccanismo questo generato dalla velocità con cui le notizie vengono sfornate, gli hype indotti, la superficialità a volte dovuta alla mancanza di una visione globale, una sorta di vittoria sul pensiero che per nascere deve fare il suo lungo corso. E allora spero che oggi nessun antiproibizionista si entusiasmi, nonostante sia la giornata in cui in Canada parte finalmente la sperimentazione che durerà per i prossimi tre anni e che depenalizza le droghe pesanti, sulla scia di quello che il Portogallo realizzò nel 2001 dopo la necessità di dover cambiare approccio verso, in particolare, il problema dell’eroina.
Un approccio sociale dunque quello portoghese che ha fatto da modello per altri paesi, imprimendo il seme del dubbio sulla modalità di gestione proibizionista che ha caratterizzato il mondo dal post prima guerra mondiale, ad oggi. Se pensiamo che ancora in questo tempo ci sono paesi come Hong Kong che reputano la cannabis light ‘una droga’.
La via di cambiamento era necessaria per ovviare all’annoso problema delle overdosi, che nel continente americano non fanno riferimento solo all’utilizzo di eroina, ma anche di fentanyl, ossicodone, ed altre sostanze chimiche più o meno legali. Perchè anche le droghe legali, quelle che si trovano nelle farmacie, vengono a volte utilizzate senza coscienza portando a problemi di tossicodipendenza, e nei casi più gravi addirittura alla morte: i dati in questi senso sono andati peggiorando di anno in anno, dovendo far riflettere le autorità su nuovi modi per risolvere questo problema.
Il Canada allora, che in materia di droghe ha fatto il suo primo importante passo avanti nel 2018 quando legalizzò la cannabis, ha deciso di sperimentare un cambio di approccio sulle droghe pesanti a partire dalla provincia di Columbia Britannica. Ma quali sono le specifiche di questo nuovo provvedimento?
Le persone sopra i 18 anni non verranno più perseguite penalmente, e l’uso personale è permesso fino a 2,5 grammi con destinazione ad uso personale. Le persone che verranno fermate e trovate in possesso delle droghe pesanti, non saranno incarcerate ma verrà offerto loro un programma di informazione e dei programmi specifici di trattamento per disintossicarsi. Ovviamente, il traffico di sostanze stupefacenti rimane reato: da questo punto di vista potrebbero essere molti i consumatori che continuano ad essere piccoli spacciatori, perchè sappiamo che una delle problematiche delle tossicodipendenze è propria quella di vendere alcuni quantitativi per potersi permettere la propria dose. Un meccanismo a cui fare attenzione, che deve essere certamente valutato in modo diverso rispetto a quelli che sono i grandi narcotrafficanti.
Jennifer Whiteside, ministro della Salute mentale e delle dipendenze della Columba Britannica ha affermato che: “Questo è un problema di salute, e non un problema penale”. Questa presa d’atto dovrebbe fare il giro del mondo ed arrivare fino in Italia, dove fino ad ora l’unica cosa che è riuscita a fare il governo Meloni è un decreto-antirave stigmatizzante e che con i rave poco ha a che fare.
Gli obiettivi di questo provvedimento, che durerà come dicevo prima tre anni, sono chiari: diminuire il consumo delle droghe pesanti, arginare i reati riconducibili all’uso di droghe e al traffico di stupefacenti e contenere gli alti costi (sicurezza pubblica e sanità) direttamente legati alle droghe pesanti.