Il Brasile potrebbe nei prossimi anni aprirsi e cambiare, vista la ‘vecchia ma nuova’ guida di Lula Da Silva, che ha sostituito Jair Bolsonaro il quale sulle libertà individuali da presidente del Brasile aveva chiarito la sua posizione: conservatrice, evangelico cristiano e certamente proibizionista. Questa è l’identikit dello scorso presidente del Brasile, che non avrebbe seguito l’onda verde mondiale.
Oggi sappiamo che il 14 marzo la Corte Superiore di Giustizia brasiliana, la massima corte d’appello su questioni non costituzionali, sta valutando se dare il via libera ad aziende ed agricoltori per piantare cannabis nel paese: questo aprirebbe la porta ad un differente modo di lavorare la materia, oggi solamente importata dall’estero a causa della timidezza dei legislatori. Una decisione verso l’apertura avrebbe una portata storica, come fu quella del 2011 per aprire al matrimonio tra coppie dello stesso sesso.
Su questi temi ì tutti i paesi vivono dei ritardi, ma ricordiamo l’assetto attuale, in cui il Brasile consente la vendita e la produzione di prodotti a base di cannabis, ma le aziende devono importare gli ingredienti chiave. Ovviamente questa scelta è aspramente criticata dai sostenitori della legalizzazione, così come in Italia, perchè il suo significato pratico è quello di lasciare molti pazienti senza le loro medicine o nella confusione legislativa.
Sono molti i CEO di aziende che stanno aspettando responsi legali, anche se tutti sono di un’unica idea: un atto legislativo di legalizzazione sarebbe la via più sicura, per i consumatori, per i pazienti, per le aziende e anche per la chiarezza delle parti che si devono confrontare su questa politica, complessa ma, abbiamo visto, anche gestibile.