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Baratto case chiuse-cannabis? La nuova illusione giallo-verde sbatte contro la triste realtà

Mentre si fantastica di uno scambio tra Lega e M5s, a Roma in Campidoglio ci si prepara a votare una delibera (leghista) che dichiara guerra alla cannabis light

“Nel contratto di governo non c’è scritto, però io continuo a ritenere che togliere alle mafie, alle strade e al degrado questo business sia la cosa giusta”. Parole e musica del ministro dell’Interno Matteo Salvini. A cosa si riferisce il capo della Lega? Al business della prostituzione e alla sua proposta di riapertura delle case chiuse. Un cavallo di battaglia di lunga data del vicepremier, che però non fa parte dell’accordo che sta alla base della formazione dell’esecutivo con i Cinque Stelle.

Un accordo che, come ha sottolineato qualche settimana fa l’altro vicepremier Luigi Di Maio, in occasione della proposta di legge di liberalizzazione della cannabis ad uso ricreativo da parte del senatore grillino Matteo Mantero, non esclude che “il contratto possa essere rivisto e aggiornato se si parla di fare cose di buon senso”. Anche solo per il fatto che proprio Di Maio era tra i firmatari della proposta di legalizzazione partorita dall’intergruppo parlamentare nel corso della passata legislatura.

E infatti, diversi esponenti di spicco del M5s hanno accolto la proposta di Salvini, alludendo ad un approfondimento “parallelo” tra riapertura della case chiuse e liberalizzazione della marijuana (tema su cui la Lega ha sempre chiuso la porta in faccia agli alleati di governo). In queste ore si sono detti possibilisti, tra gli altri, il sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi e quello all’Interno Carlo Sibilia. Il più esplicito, in questo senso, è stato Ferraresi: “Noi non abbiamo preclusioni – ha detto all’Adnkronos – è un tema delicato esattamente come la regolamentazione della cannabis. Sono due argomenti importanti, serve un approfondimento non ideologico, ma di merito”.

Da notare che, secondo l’ultimo sondaggio Eurispes, il 44% degli italiani si è detto favorevole alla legalizzazione della cannabis (+11% rispetto al 2015) e il 46% è d’accordo con la riapertura delle case chiuse (-19% rispetto al 2015).

Insomma, almeno dalle dichiarazioni dei protagonisti, sembra che l’Italia si stia preparando a diventare una mega-Amsterdam, con quartieri a luci rosse in tutte le città e coffee shop ad ogni angolo, dove potersi rilassare senza timore di finire sotto processo.

La realtà, però, proprio in queste ore, ci dice tutt’altro.

Dice che la Lega non solo si oppone strenuamente a qualsiasi ipotesi di legalizzazione della cannabis, ma sta addirittura conducendo una guerra senza quartiere alla cannabis light, quella con percentuali di THC inferiori allo 0,2% (per fare un esempio, nella vicina e civile Svizzera, la canapa legale, venduta nelle edicole e nei supermercati, deve rispettare il ben più alto limite dell’1% di THC, ed ora si sta pensando ad una distribuzione controllata sperimentale di quella “vera”).

E così, fa notizia la proposta di delibera, da votare in aula consigliare a Roma, presentata dal capogruppo leghista Maurizio Politi, che chiede di limitare le aperture dei cannabis shop, fissando una distanza minima di 500 metri dai luoghi sensibili e particolarmente frequentati. Scuole, ospedali, chiese, centri sportivi, parchi giochi. Un impianto normativo sulla scia del regolamento comunale che ha già interessato le sale slot. Una sorta di “zonizzazione”, non rientrando tra le competenze comunali il divieto diretto a nuove aperture.

Le motivazioni presentare dal leghista romano (ebbene sì, ci sono i leghisti romani) fanno cadere le braccia: “C’è un’emergenza grandissima legata alla dipendenza da sostanze stupefacenti e tutti gli studi dimostrano che il consumo delle cosiddette droghe leggere rappresenta spesso un viatico per il consumo di quelle pesanti”. Mentre nel resto del mondo, civilizzato e non, si guarda ad esempi come quello del Canada o di diversi Stati americani, in Italia tornano i teorici del “si comincia con una canna e si finisce con la siringa”.

La proposta di Politici ha già delle sponde importanti nella maggioranza grillina. La Presidente della Commissione Scuola nonché delegata alle politiche scolastiche alla Città metropolitana, Maria Teresa Zotta è d’accordo: “Dobbiamo comunque tutelare la salute dei ragazzi prima di tutto”.

Insomma, al di là delle parole, delle belle intenzioni e del miraggio di un’Italia all’olandese degli anni d’oro, quel che si staglia all’orizzonte è tutto il contrario di un Paese aperto e tollerante. Un Paese che va all’indietro e in cui i diritti individuali soffrono come non mai.

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