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Cannabis, Salvini vuole ammazzare un intero settore (e portare l’Italia nella preistoria)

“La droga è un’emergenza nazionale: da domani darò istruzioni agli uomini della sicurezza per andare a controllare uno per uno i presunti negozi turistici di cannabis, luoghi di diseducazione di massa. Vanno sigillati uno per uno. Saranno proibite e vietate anche tutte le cosiddette feste e sagre della cannabis – aggiunge – siamo contro ogni sperimentazione e regolamentazione della cannabis”.

Queste parole sono state pronunciate oggi dal ministro dell’Interno Matteo Salvini e hanno dell’incredibile. Il leader della Lega, probabilmente scosso per aver perso malamente la partita riguardante il “suo” sottosegretario Armando Siri, finito al centro di una vicenda a dir poco opaca che riguarda l’eolico in Sicilia, ha voluto mandare un messaggio politico al suo alleato di governo, il Movimento 5 Stelle, che invece continua a professarsi (almeno a parole) favorevole non solo alla commercializzazione della cannabis light, ma anche alla liberalizzazione delle droghe leggere.

Ciò che si sta registrando in queste ore, in sostanza, è la sublimazione della linea di Lorenzo Fontana, il ministro con delega alle droghe, da sempre contrario a qualsiasi tipo di regolamentazione. Salvini ha deciso in questi giorni di fare sua questa posizione per usarla come una clava contro i Cinque Stelle.

Il problema è che questi calcoli da politico, anzi da politicante, rischiano di ammazzare un settore in enorme crescita e dalle potenzialità infinite. Le parole di Salvini sono criticabili (per usare un eufemismo) perché affrontano il tema in maniera sbagliata, almeno su quattro livelli.

Il principale errore, forse il più preoccupante, è non capire che in Italia esiste una legge, la 242 del 2016, che stabilisce cosa sia legale e cosa no. Non lo decide il ministro dell’Interno di turno, lo stabilisce la legge. E sulle diverse interpretazioni della legge si esprimerà la magistratura. Se Salvini vuole cambiare la legge, porti le sue proposte in Parlamento, che è il luogo deputato a legiferare, e verifichi se ha i numeri per farlo.

Il secondo errore è parlare di droghe in maniera generalizzata, non facendo distinzione tra marijuana, cocaina, eroina e droghe chimiche. Reintrodurre nel dibattito pubblico la retorica del “si parte con una canna e si arriva alla siringa” è pericoloso ed anacronistico. D’altronde non siamo stati noi, ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a chiedere che la cannabis venga depenalizzata.

Il terzo livello concerne l’incapacità di capire che la legalizzazione è di per sé un’opportunità. Per una svariata serie di motivi: toglierebbe fiato e benzina alle organizzazioni criminali (come ha spiegato bene Roberto Saviano in un’intervista a BeLeaf), porterebbe benefici economici per le casse dello Stato (come successo in Colorado e nei tanti Stati americani che hanno legalizzato), farebbe in modo che chi vuole consumare lo possa fare in sicurezza, sapendo cosa consuma e senza rivolgersi agli spacciatori che imperversano per le strade italiane (cosa di cui, da ministro dell’Interno, Salvini farebbe bene a occuparsi un po’ di più). Dall’altra parte dell’Oceano l’hanno ormai capito. Qui siamo ancora all’era preistorica.

Il quarto livello di superficialità riguarda il fatto che Salvini ignora tutti i benefici che il rilancio del settore della canapa industriale (con le sue molteplici possibilità di applicazione, dal tessile all’energetico, dall’alimentare alla bioedilizia) porterebbe in termini di risultati economici e di tutela dell’ambiente. Temi che questo governo sembra aver ormai dimenticato.

C’è poi un punto di coerenza che non può essere ignorato, quando si parla del ministro dell’Interno. Correva l’anno 1998 e il futuro leader leghista parlava così al giornale ‘Il Sole delle Alpi’: “Noi ci rapportiamo alle tematiche classiche della sinistra, dalla forte presenza statale alla liberalizzazione delle droghe leggere”. Salvini, all’epoca poco più che ventenne, aveva appena concluso la sua prima esperienza da consigliere comunale a Milano nella giunta Formentini ed era il leader della corrente dei “comunisti padani“.

Quant’acqua è passata sotto i ponti.

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