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Ora è il tempo del fare. Per Walter e per dire basta all’oscurità del proibizionismo

C’è voluto il caso di Walter De Benedetto per rompere il muro del silenzio. C’è voluto il caso di un cinquantenne di Arezzo, affetto da una grave artrite reumatoide, “colpevole”, secondo chi lo accusava, di aver coltivato per uso personale la pianta che allevia il suo dolore. C’è voluta la mobilitazione fisica e mediatica di centinaia di associazioni e migliaia di pazienti e di attivisti. C’è voluta la sua storica assoluzione.

È servito tutto questo per smuovere le coscienze di un’opinione pubblica intorpidita e disinformata, per far capire a giornali e televisioni che esiste una questione cannabis in Italia, che deve e può andare oltre la triste e sciatta comunicazione fatta finora sui media, spesso relegata a “notiziuole” di scarsa fattura, in cui ci si limita a riportare le veline delle questure, che indicano questo o quel crimine per loro imperdonabile.

Di colpo, l’assoluzione di Walter De Benedetto ha dato al tema cannabis la dignità di qualche tweet o di qualche post di Facebook da parte di politici di varia “statura”, improvvisamente folgorati sulla via di Damasco. Va benissimo, tutto questo va benissimo. Lo diciamo noi, che trattiamo di questi temi – insieme a pochi altri appassionati – da anni. Va bene così, non vogliamo l’esclusiva, anzi.

L’importante è che ora al sacrificio a cui è stato sottoposto Walter, all’onta di un processo assurdo, a tutta la conseguente esplosione di buon senso provocata dall’assoluzione, facciano seguito i fatti. Lo si deve a Walter, a tutti coloro che, come lui, hanno diritto ad essere curati, a chi crede nel principio di libertà, a chi vuole togliere ossigeno alle organizzazioni criminali, a chi vuole smettere di rivolgersi allo spacciatore per strada, a chi non crede che affollare le carceri, costringendo i detenuti a vivere in condizioni disumane, sia la soluzione giusta, a chi ha voglia e coraggio di investire in nuove avventure imprenditoriali a partire dalla propria terra, a chi all’oscurantismo dell’ideologia contrappone la luce della ragione.

E allora non c’è tempo da perdere. È giunto il tempo di fare. E per il movimento che oggi celebra questa sentenza – che speriamo si possa definire storica – la battaglia contro un proibizionismo cieco e dannoso continua.

E allora subito via libera ad una legge che consenta la coltivazione domestica e ad uso personale di cannabis sia a scopo medico che ricreativo. Subito via libera alle licenze per la produzione di cannabis a scopo terapeutico ad aziende ed enti locali, togliendo quella assurda “esclusività” della produzione all’istituto chimico farmaceutico militare di Firenze, assolutamente incapace di produrre il quantitativo necessario per soddisfare il fabbisogno dei pazienti.

Stop all’importazione di cannabis dall’estero, pagandola il triplo o il quadruplo del dovuto: abbiamo, specialmente nel Sud del nostro Paese, il terreno, il clima, le condizioni, il know-how necessari per la produzione. Utilizziamoli, la gente non vede l’ora, sarebbe un ottimo volano anche per far ripartire l’economia dopo il Covid, specialmente nelle aree più arretrate d’Italia.

Subito stop alla caccia alle streghe: i medicinali devono essere garantiti, sempre e comunque. E questo è un messaggio che deve arrivare forte e chiaro anche al ministro Speranza. C’è una proposta di legge in commissione Giustizia, la si approvi. C’è una mozione depositata in Aula, la si esamini e la si approvi. Ci sono proposte di legge di iniziativa popolare, si dia loro la dignità che meritano. C’è un vuoto da colmare nella legge sulla canapa industriale, che crea incertezza a migliaia di imprenditori e lavoratori, lo si faccia.

Il tempo della parole è finito. Solo con i fatti si potrà misurare ora la bontà, l’onestà e la lealtà di chi oggi esulta per Walter e che domani non potrà più tirare indietro la mano. Noi, insieme a tutti voi, continueremo a fare la nostra parte.

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