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Signora Canapa favorisca i documenti

La canapa è una coltura antichissima. Secondo alcuni studiosi risalirebbe a 12 mila anni fa, secondo altri a 10 mila e, secondo altri ancora a 8 mila anni fa. Difficile, dunque, stabilire con precisione il periodo e, addirittura il luogo in cui l’uomo cominciò a servirsene. La maggior parte degli studiosi concorda però che sia originaria dell’Asia centrale.

La conoscenza della canapa si sarebbe poi diffusa dall’attuale Afghanistan verso la Cina, dove la sua utilizzazione è documentata nel Rhyya, un testo cinese di botanica del XV secolo a. C. Altri ricercatori ritengono, invece, che la pianta provenga dall’Iran orientale o dal Tibet e, che da lì sia poi arrivata in India e, solo successivamente in Cina.

Tant’è che se ne trova traccia nei Veda, i testi sacri della conoscenza indiani, ove, in particolare nell’Atharva Veda, la pianta viene indicata per “liberare dall’ansia”. La canapa, infatti, in India era utilizzata durante le cerimonie religiose (puja), ma anche impiegata in medicina. Secondo la religione indù, la canapa deriverebbe dalla metamorfosi dei peli della schiena di Vishnu, uno degli avatar di Krishna. Coltivata dai brahmani, la casta dei sacerdoti, se ne servivano per preparare un infuso: il bhang.

La medicina induista tradizionale, quella ayurvedica, ha continuato a svilupparsi anche in epoca moderna e in India costituisce, ancora oggi, il più importante sistema sanitario cui fare riferimento. In diversi manuali di medicina ayurvedica, la cannabis è un rimedio indicato per stimolare l’appetito e contro la lebbra. Preparati a base di canapa vengono inoltre consigliati per favorire il sonno, ridurre i malumori, rinforzare l’energia vitale e come afrodisiaci; era, inoltre, considerata utile per sconfiggere la stanchezza da lavoro. I benéfici effetti della canapa sul sistema nervoso sono noti in India da centinaia di anni.

Ai cinesi, comunque, spetterebbe il primato di un sistematico impiego per la produzione di tessuti, essi poi l’avrebbero trasmessa ai Persiani e, questi agli Sciiti, ai Greci ed ai Celti.

La difficoltà nel dare una terra natale alla canapa e, ad una sua precisa datazione è per via della scarsità di reperti archeologici e di fonti scritte attendibili che obbligano a muoversi tra ipotesi e congetture. 

Quindi, attestato che potrebbe essere originaria di un qualsiasi microscopico villaggio dell’Asia centrale, certo è, che la pianta iniziò a diffondersi in Occidente in seguito alle guerre persiane; durante il VI secolo a.C., Ciro II si spinse fino alle sponde dell’Indo e, forse intuendo quell’importanza commerciale e strategica che nel II secolo a.C. avrebbe contribuito alla fioritura del cosiddetto regno «greco-battriano», decise, per questo, di controllare stabilmente quelle terre, di suddividerle in satrapie ovvero province. Ogni provincia era controllata da un satrapo, scelto dal re fra i nobili. Egli riscuoteva le tasse ed amministrava la giustizia. Ogni anno il suo operato era controllato da un dignitario appartenente alla famiglia reale. Questi funzionari, giunti nei nuovi territori per conoscerne gli usi e le risorse, ebbero certamente modo di apprezzare le qualità della canapa e, quindi, di esportarla nei rispettivi paesi d’origine.

Completate le annessioni orientali e superati alcuni periodi di instabilità e di lotte intestine legate alla successione al trono di Ciro e Cambise, l’impero ritrovò le proprie mire espansionistiche e, sotto Dario, indirizzò le sue spedizioni militari contro la Tracia, la Macedonia e la Scizia. Al di là dell’esito delle conquiste, le battaglie stabilirono contatti tra i differenti popoli e contribuirono, così,  ad una maggior diffusione della pianta. Proprio in quegli anni, in effetti, essa venne trasmessa agli Sciiti che la impiegarono nella fabbricazione di corde. I semi vennero inoltre adoperati in cucina per preparare zuppe, infusi ed altre pietanze. Il successo incrementò la domanda, incoraggiando la coltivazione della canapa in tutto il territorio circostante il Mar Nero.

La cannabis coadiuvata dal clima mite e dalla qualità ottimale delle terre, si sviluppò tanto da conferire all’intera regione un primato mantenuto fino ad oggi. Così, ad esempio, il porto di Tanais divenne a partire dall’alto Medioevo, uno dei principali centri europei di questa coltura.

È proprio Erodoto (484-425 a.C. circa) a raccontare che nella terra degli Sciiti, al di là del Mar Nero, nasceva la canapa, molto simile al lino; anche i Traci la conoscevano e la tessevano per farne abiti.

Attorno al V secolo a.C. la troviamo impiegata dai Sarmati, che abitavano le regioni pedemontane degli Urali meridionali e la steppa del Kazakistan occidentale e, nella medesima epoca, la rinveniamo nella penisola ellenica: la prima attestazione del termine greco (kannabis), risale, infatti, ad un frammento di Sofocle. Solo successivamente, invece, essa avrebbe raggiunto l’Italia e, in seguito si sarebbe diffusa in tutta Europa.

L’arrivo in Grecia segnò un momento assai importante nella storia della fibra, in quanto, forse per la prima volta in Occidente, essa venne utilizzata nelle costruzioni navali. Nei loro cantieri si usava lo sparto, una graminacea dai cui fusti e dalle cui foglie si ricavava una fibra tessile per fare cordami.

In seguito impiegarono la canapa per fabbricare corde e gómene, sono quelle corde grosse usate per l’ormeggio o il rimorchio delle imbarcazioni; ma, data l’assenza sul loro territorio di coltivazioni di rilievo, ne importarono ingenti quantità dal Mar Nero.

Continuando ad indagare sul luogo di nascita della canapa ci sono altre ipotesi.

C’è chi ne individua la presenza in Egitto, in epoche anteriori a quelle finora stimate, in quanto il papiro detto «di Ebers», che risale al 1550 a.C., descrive già in dettaglio gli usi della cannabis medicinale. Questo documento è un rotolo lungo 20 metri formato da 48 fogli e, in esso si fa menzione di diverse preparazioni a base di canapa per curare varie patologie e, in particolare quelle legate alla prima infanzia, per alleviare dolori e infiammazioni. Si fa anche cenno che venisse impiegata come fibra per farne corde.

Col passare dei secoli, sappiamo che la sua coltivazione si attesta, in tutta la pianura padana nell’XI secolo, e la maggior parte della fibra veniva prodotta in Emilia. Il numero dei documenti, infatti, aumentò proprio durante l’età medievale, in corrispondenza della maggior espansione della canapicoltura, dovuta soprattutto alla produzione dei cordami richiesti dalle flotte veneziane.

Rinaldo Comba sostiene che gli astigiani esportavano canovacci e canapa a Genova sin dalla metà del XIII secolo, mercanti di Alba, Asti e Ceva la portavano sempre nel capoluogo ligure, dove vendevano tele e canovacci di fabbricazione piemontese. 

La canapa in Piemonte fu introdotta dalle legioni romane che la portarono prima a Roma e poi nelle Gallie, proprio dalla Gallia nel 300 a. C. il tiranno di Siracusa, Gerone II, si riforniva della canapa necessaria alle sue navi. I Romani fecero largo uso di canapa per i cordami delle loro imbarcazioni.

Nel 700 d. C. era già abbastanza diffusa nel carmagnolese e nel canavese, territorio quest’ultimo, ove: “Sull’armi, sugli scudi, sulle imprese, sulle carte, sui blasoni dei primi Conti, la tenera pianticella appariva come simbolo ad attestare quasi l’origine con quella della regione”. È poi dal 900 che si sviluppa la coltivazione della canapa nel torinese, ma essa trova definitiva stabilizzazione intorno al 1200. 

Dal 1300 la canapa carmagnolese viene gravata dai balzelli civili e dalle decine ecclesiastiche, il che comprova che tale coltura è ormai radicata a nord-ovest. Grazie poi all’interesse di Tommaso II conte di Savoia (1199-1259) che incentivò il commercio della canapa, essa fu favorita nella sua espansione.

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