Finché sarà questo l’approccio della politica sulla questione cannabis in Italia, non vedremo mai la luce in fondo al tunnel. Dopo averci provato già un paio di volte, infatti, il M5s ripropone un emendamento – questa volta al Dl Ristori – volto a regolarizzare la vendita di infiorescenze e derivati della canapa, con Thc inferiore allo 0,5%.
Al di là del merito dell’emendamento – il cui contenuto non è piaciuto a tutti gli addetti ai lavori – colpisce sempre l’approccio parlamentare alla questione, sia nelle fila della maggioranza, sia in quelle dell’opposizione.
Che in Italia esista una legge – la 242 del 2016 – che consente di coltivare canapa con basso principio psicotropo e che ne incentivi la filiera è cosa nota. Che ci sia un vulnus mai colmato sulla questione legata alla commercializzazioni dei fiori e degli altri derivati lo è altrettanto. Che questo abbia creato una serie di problemi a tutta la filiera che si voleva incentivare è sotto gli occhi di tutti.
Davanti a tutto questo, fa impressione anche solo pensare che i partiti di maggioranza (in particolare il M5s, che si è sempre professato paladino dell’antiproibizionismo, e il Pd, che la 242/16 l’ha varata, votata e approvata) si riducano ogni volta a presentare degli emendamenti fatti entrare “dalla porta di servizio”, invece che affrontare la questione alla luce del sole, con buon senso e razionalità.
Badate bene, la nostra critica non è rivolta a quei (pochi) parlamentari meritevoli, che ogni volta ci provano (è già successo con legge di bilancio 2019 e il Dl Rilancio del 2020), ma ai vertici dei suddetti partiti, che non hanno mai il coraggio di prendere una posizione netta, siano essi esponenti di punta del governo o in Parlamento.
Una situazione che lascia praterie a chi, invece, non perde occasione per contrattaccare. Questa volta è Giorgia Meloni a bruciare sul tempo il suo collega Matteo Salvini, recitando la solita, stanca, tiritera “benaltrista”, diretta a scatenare i suoi fan sui social, a cui non crede neanche lei, e che si può riassumere così: “Ma come, con tutti casini che ha questo Paese, voi pensate a liberalizzare le canne?”.
Che tristezza. Ma perché nessuno dei leader di maggioranza ha il coraggio di rispondere all’onorevole Meloni? Perché nessuno dice che le sue sono parole prive di qualsiasi fondamento logico, scientifico e politico? Perché nessuno spiega a lei e agli italiani (che sono molto più avanti di tutti loro) che mentre qui siamo inchiodati a parlare di cannabis light, nel mondo, a partire dal Canada, dagli Usa e dal Messico, stanno legalizzando l’uso ricreativo di cannabis ad alto contenuto di Thc?
Perché nessuno le spiega che l’Oms ha chiesto all’Onu di togliere la cannabis dalla classificazione di “droga”? Perché nessuno ricorda che solo qualche giorno fa la Corte di Giustizia europea ha detto che il CBD non è una sostanza stupefacente e che è “illegale” vietarne la circolazione? Perché la politica italiana si deve ridurre a far entrare “di straforo” un emendamento ad un decreto generico, invece di studiare, capire e aprire un grande dibattito in Parlamento e nel Paese su quali siano le opportunità della legalizzazione – dal punto di vista economico, di lotta alla criminalità organizzata, di sicurezza – come stanno facendo nel resto del mondo?
Purtroppo il nostro Paese continua a perdere occasioni importanti. Facciamo solo notare a Meloni e agli altri leader – che guardano solo ai sondaggi – che negli Usa il 68% è favorevole alla legalizzazione della marijuana e lo si è visto nel corso delle ultime votazioni, quando, in un Paese diviso su tutto, gli elettori democratici e repubblicani hanno votato, in tutti gli Stati chiamati a farlo, a favore di qualsiasi forma di regolamentazione.
Il proibizionismo cieco e ignorante ha fatto solo danni. Qualcuno lo faccia capire ai nostri politici, prima che sia troppo tardi.