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HomeCannabisA che punto siamo? Ecco il termometro cannabico natalizio

A che punto siamo? Ecco il termometro cannabico natalizio

Cari cannabici,

riprendiamo la rubrica Termometro Cannabico in una settimana rossa Natale e verde speranza, nel particolare e precario periodo che stiamo vivendo. D’altra parte, però, siamo in procinto di chiudere un anno importante per la cannabis e per i diritti legati all’uso personale della cura naturale, che non può essere illegale (cit. Cannabiservice)

Per tirare le somme, dal lockdown 2020 a dicembre 2021 siamo stati certi della stabilità del mercato della cannabis light ma precari sulla possibilità legittima per l’autoproduzione domestica a uso terapeutico. Le varianti del Covid19 hanno influito sul mercato di CBD ma i negozi hanno resistito e, a prescindere dal prodotto, il bacino di consumatori si è ampliato notevolmente. Viviamo il cambiamento sociale ma per la classe politica abbiamo una domanda ricorrente: “Il Thc uscirà mai dalla tabella 1 del dpr 309/90?”

Festeggiamo gli italiani favorevoli alla legalizzazione

Con la votazione dell’Onu avevamo chiuso il 2020 e attendevamo cambiamenti normativi a cascata in tutti gli Stati membri, ma ben presto abbiamo capito che non si muove foglia che l’USA non voglia. Gli Stati Uniti hanno schierato i loro migliori senatori per la presentazione di diversi disegni di legge pro-legalizzazione: il More Act (HR 3884), lo States Act (HR 2093), il Marijuana Act (HR 365), Veterans Cannabis Use for Safe Healing Act (HR 430) e il Cannabis Administration and Opportunity Act (CAOA). L’approvazione di una delle suddette leggi, potrebbe essere la svolta definitiva anche nei rapporti tra operatori, produttori e commercianti di cannabis con banche, social network e FFOO, un procedimento progressivo sostanziale nella legalizzazione americana.

In Italia, invece, tutto è fermo da decenni nonostante le spinte attivistiche. L’informazione è incentrata sulla punibilità del fatto, ma l’opinione pubblica è sempre più favorevole soprattutto per l’uso medico della pianta.

“La maggioranza degli italiani è favorevole alla legalizzazione”, questo è quanto risulta da un sondaggio commissionato da BeLeaf e Meglio Legale ad un’importante agenzia, SWG, per comprendere la posizione degli italiani su legalizzazione, autocoltivazione, grado di conoscenza e informazione che gli italiani sentono di possedere in materia.

Ad Agosto 2021 è poi arrivato il Testo Base (Magi-Licatini, vedi articoli a riguardo) per la depenalizzazione dell’autoproduzione domestica di quattro piante, che ha riacceso le speranze dei progressisti. Il faro, però, è stata la raccolta firme per il Referendum sulla cannabis: 630000 sottoscrizioni regolarmente depositate in Cassazione e ottenute in pochi giorni grazie allo Spid. Il successo del Sì ha mandato in fiamme i pretenziosi proibizionisti da Giorgia Meloni a Nazione Futura, che hanno lanciato il Comitato per il NO.

Dall’America all’Europa, il crollo del proibizionismo

Il Lussemburgo ha depenalizzato la produzione domestica a uso personale, il Ministro della Giustizia Sam Tamson ha dichiarato: “L’idea è che un consumatore non si debba trovare in ​​una situazione di illegalità per reperire cannabis e non supportare l’intera catena illegale dalla produzione al trasporto alla vendita (presente soprattutto) dove c’è molta miseria. Vogliamo fare tutto il possibile per allontanarci sempre di più dal mercato nero illegale”.

Malta ha legalizzato completamente la cannabis, poco dopo la presa di posizione del Lussemburgo e in concomitanza con la deposizione di legge tedesca, favorendo in particolar modo la costituzione di Social Club con un massimo di 500 iscritti ad associazione.

La Spagna, promossa paese dell’uso ricreativo grazie ai Social Club, non è invece disposta alla regolamentazione degli stessi e la maggioranza si oppone alla deposizione del disegno di legge della senatrice Joseba Martínez. 

Un anno difficile per la ministra Dadone che è riuscita ad organizzare la prima Conferenza sulle dipendenze che parlasse di “accoglienza delle diversità”, le cui relazioni finali hanno coinvolto 7 tavoli tecnici di antiproibizionisti. La strada è promettente per un Paese con il passato macchiato dalla Fini-Giovanardi e la coscienza sporcata da carceri sempre più piene: il 40% circa di detenuti sono dentro per reati legati agli stupefacenti. Finalmente, in Italia si inizia a parlare di depenalizzazione dell’uso e potrebbe essere un percorso promettente.

Il 2022 sarà l’anno della legalizzazione?

Probabilmente no. Perché sia il percorso per l’approvazione del testo base che quello referendario, in caso di risultato positivo nelle votazioni in primavera, superano il periodo dei 12 mesi disponibili nell’anno a venire. Inoltre, dobbiamo tener conto che abbiamo deputati assenti per la maggior parte dell’anno (elenco deputati), più presenti in TV che in Parlamento, e l’unico partito presente, il PD, non sembra aver ancora preso posizione in questa causa. La storia ci insegna che non possiamo fare affidamento, purtroppo, su una classe politica che si dimostra spesso deludente.

Il futuro del THC?

Il THC è presente in quantità superiore allo 0,5% in due tipologie di cannabis: quella medica, regolarmente distribuita in farmacia, e quella ricreativa, autoprodotta o acquistata al mercato nero. Per questo cannabinoide abbiamo quindi un mercato legale, gestito da Big Pharma insieme allo Stato, e uno illegale, che riempie le tasche della criminalità organizzata, nonché uno domestico che non inficia sui precedenti.

La cannabis medica gode di attenzioni positive da parte dell’opinione pubblica, grazie al sacrificio di pochi e all’esposizione di molti, ha acquistato punti-fiducia in tutte le classi sociali e le generazioni. E’ sicuramente il motivo principe dell’adesione di massa al Referendum sulla cannabis. Le infinite applicazioni terapeutiche e l’irrilevabile dannosità all’assunzione la rende una pianta perfetta per il balcone di ogni casa, autoproduzione a rischio zero.

D’altro canto il Ministero della Salute non sembra voler essere risolutivo, ha già limitato le preparazioni a base di cannabis medica intimando l’irregolarità delle spedizioni dalle farmacie e bannando la prescrizione tramite ricetta dematerializzata (PEC) da parte del medico.

Con l’istituzione del tavolo tecnico per garantire il Diritto di Cura ai pazienti di cannabis medica si apre uno spiraglio, sono presenti le “associazioni protestanti” italiane, piene di sani motivi e dediti alla causa. Ci auguriamo siano auditi e che ciò non sia una mossa, tipo in una partita a scacchi, per sospendere le proteste e approvarne i piani.

Per il prossimo anno sono previste: la riduzione delle importazioni e l’aumento della produzione da parte dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. Una contraddizione dato che l’Istituto, purtroppo, o non brilla di luce adeguata alla crescita delle piante o non dispone di genetiche stabili ma ciò che è certo è che il prodotto distribuito sotto il nome di FM1, FM2 e FM3 non dovrebbe essere conforme agli standard qualitativi per la definizione di cannabis medica.

Il futuro del THC sarà presumibilmente questo: ci sarà un sempre maggiore consenso da parte dell’opinione pubblica e di adesione alla disobbedienza (autoproduzione domestica), la cannabis diverrà di tolleranza sociale dopo anni di assoluzioni e rassegne stampa favorevoli. D’altro canto, la politica resterà in immobile attesa fintanto che non sarà chiara la posizione di Big Pharma.

Il futuro del CBD?

Il CBD, inteso come cannabis light, ha visto minacce ben più temibili della tassazione fissa. Gli emendamenti presentati in legge di bilancio sulle possibili risoluzioni in questo senso sono stati esclusi dalle nomine, rimandando la decisione in merito. Prima o poi, però, la cannabis light sarà tassata o addirittura gestita dal monopolio come prodotto da inalazione. Una previsione ingiusta per chi la considera la cannabis una pianta terapeutica, per chi ne apprezza la cultura, dalla genetica alla storia.

Una strada possibile potrebbe essere considerare la canapa prodotto per inalazione sino ad una certa percentuale di cbd, dopodiché prodotto medico farmaceutico. Questo dividerebbe la torta in due parti uguali. L’epidolex ha di fatto aperto la strada alla ricerca moderna sulle applicazioni del cannabidiolo. Uno studio pubblicato nel dicembre 2020 sul Journal of Health Economics chiarisce molto sulla diffusione, il consumo e la responsabilità politica in merito al fenomeno italiano della “cannabis light”. Il mercato dei fiori di canapa ad alto CBD ha sottratto il 10% al mercato di ansiolitici, sedativi, oppioidi, antidepressivi e antipsicotici in automedicazione. E’ quindi la classe medica stessa a richiedere una presa di posizione a tutela del consumatore: “Le forme di automedicazione possono, in un primo momento, suonare il campanello d’allarme dei responsabili politici poiché gli individui potrebbero non seguire i consigli degli esperti anche quando si prendono cura della propria salute (…). Inoltre, il nostro studio evidenzia che è necessaria la regolamentazione della cannabis light. Allo stesso modo, una campagna di salute pubblica più generale dovrebbe integrare tale politica. Ad esempio, istruire i medici e fornire etichette e certificazioni insieme alle informazioni relative alle dosi di questi prodotti può essere un primo tentativo di rendere la cannabis light, e in generale il consumo di prodotti derivati ​​dal CBD, molto più controllato.”

Se terrà conto del suggerimento non è chiaro, nel frattempo però il Ministero della Salute, ha sottoscritto un accordo con tre aziende agricole private per il conferimento di piante ad aziende autorizzate dall’Aifa e dall’Ufficio Centrale Stupefacenti alla produzione industriale di cannabidiolo di estrazione.

Attendiamo il 2022 e speriamo che la forza dei singoli sia coordinabile in associazioni di categoria forti che abbiano peso sull’ago della bilancia elettorale.

 

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